Per il mondo del ciclismo il concetto di pace si fa sempre più astratto, e quello di una competizione senza trucchi appare una chimera oggi più che mai. Dopo decenni di scandali, squalifiche, arresti e morti sospette per quel flagello chiamato doping, un’inchiesta francese pone l’attenzione su un altro imbroglio che potrebbe aver già condizionato i risultati delle più importanti corse internazionali negli ultimi anni, ovvero quello dell’utilizzo di motorini nascosti all’interno delle biciclette dei corridori.
Di aiuti tecnologici per i ciclisti se ne parla da tempo, e quando lo scorso gennaio all’interno della bici della diciannovenne Femke van den Driessche, campionessa europea in carica di ciclocross women youth, è stato trovato un motorino, si è capito una volta per tutte che non si trattava di fantasie o paranoie di cospirazione. Il video della ciclista belga che vi proponiamo, nel quale in una gara riesce a staccare le sue avversarie in salita senza nemmeno alzarsi sui pedali, lascia poco spazio ai dubbi. Ma chiaramente questa nuova frontiera dei bari riguarda anche e soprattutto il ciclismo su strada: nella Vuelta del 2015 le immagini della ruota della bici del canadese Ryder Hesjedal che continuava a muoversi dopo una caduta fecero insospettire tanti osservatori, anche se non si riuscì a dimostrare la presenza di un motore.
Se i controlli dell’Uci non hanno prodotto risultati, molto meglio ha fatto il reportage del settimanale ‘Stade 2’ di ‘France Televisions’, che attraverso l’utilizzo di telecamere termiche ha evidenziato in un video importantissime variazioni di temperatura sul telaio di sette partecipanti alla Strade Bianche di Siena e alla Coppi & Bartali di Riccione, spiegabili secondo gli esperti interpellati dagli autori solo con il calore di un motorino in azione. La tecnologia ha fatto passi da gigante in questo campo negli ultimi anni: addirittura si parla di un sistema in grado di accendere il motore attraverso il cardiofrequenzimetro: raggiunta una certa frequenza stabilita dal ciclista o chi per lui il motore si accende, per poi spegnersi quando il battito si riduce sotto quella soglia.
Fino ad ora l’Uci non sembra essersi mossa in modo adeguato: i controlli vengono effettuati solo prima delle corse attraverso dei teslametri installati su dei tablet, ma questo metodo è poco affidabile e non vengono esaminati ruote e telai nelle ammiraglie, dalle quali quelle modificate potrebbero essere tirate fuori al momento ‘giusto’. Già, le ruote: l’ultimo ritrovato della tecnologia è una costosissima ruota a induzione magnetica, il cui trucco è smascherabile solo attraverso un potente rilevatore di campo, di cui chi è chiamato a vigilare non è attualmente in possesso. In un’intervista concessa al ‘Corriere della Sera’ il vincitore del Giro d’Italia 2013 e del Tour de France 2014 Vincenzo Nibali si è espresso senza mezzi termini: “Rubare è sempre rubare. Però il cosiddetto doping tecnologico lo trovo più subdolo. Un atleta, anche dopato – e in passato non sono mancati dei casi – può sempre avere una giornata no, qui è diverso. Schiacci un bottone e vai più forte, lo schiacci di nuovo e vai piano. L’uomo non c’entra più. La radiazione per chi viene trovato con un motore? Sì. Sono per una punizione esemplare”. Quel che è certo è che per far sì che le punizioni siano possibili bisogna rendere i controlli più efficaci, e l’auspicio è che questa inchiesta possa definitivamente aprire gli occhi a chi finora ha sottovalutato il problema.
Ecco il video incriminato: