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Il Belgio perde sul campo, ma costa il triplo dell’Italia

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Belgio – Italia. Partita senza storia. Vince facile il Belgio. Troppo talento, tanta gioventù e una generazione di fenomeni destinata a spadroneggiare nel calcio che conta e che conterà. Di fronte l’Italietta. Quella dei Senatori (pochi), dei giocatorini che farebbero la panca nella grandi nazionali europee. Del tecnico a tempo determinato con la testa già a Londra. Poi però c’è il campo. E allora la musica cambia. Belgio – Italia 0 a 2. Giaccherinho prima, Pellè, l’O’Rey di San Cesario di Lecce, a chiudere.

Impensabile per il comun intendere prima del match di lunedì. E invece gli Azzurri hanno messo a tacere tutti e su quel carro adesso si sta davvero stretti. Una nazionale partita alla volta transalpina con tutto lo scetticismo possibile, frutto di un movimento italiano che fatica a convincere ed incantare i più e, è doveroso dirlo, con una rosa che messa a confronto con le passate tornate internazionali avrebbe fatto vacillare anche il più inguaribile degli ottimisti. Mai come quest’anno la rappresentativa azzurra può vantare tanti giocatori selezionati in squadre che hanno deluso, di metà classifica o addirittura della parte destra della stessa. Riserve o giocatori part-time di una Serie A che non regala emozioni né aspettative. Ad inaugurare questa Caporetto già scritta, il Belgio dei “sarò una stella” che militano nelle immense squadre inglesi del campionato più bello e difficile (dicono) del mondo, la Premier League.

La prospettiva risulterebbe ancora peggiore se considerassimo come parametro plausibile per misurare la forza di una squadra il valore di mercato dei singoli componenti. Ipotesi realistica in un calcio moderno che forzatamente sta facendo emergere il paradigma secondo il quale i dindi hanno la meglio sul gioco, inteso come entità calcio. E allora i ragazzi di Wilmots avrebbero vita facile, forti dell’età e del talento che in questa situazione sono sinonimo di prezzo. Altissimo.

Mettendo in fila i 22 e più che si sono scontrati nel rettangolo verde di Lione, il paragone tra gli azzurri e i rossi è davvero impietoso. Prendendo i giocatori uno per uno, come nel gioco delle figurine, è trasparente come i soldi spesi o che si spenderebbero per avere alle proprie dipendenze i Diavoli Rossi del Centro Europa sono un oceano rispetto alle poche gocce di brina dei nostri italiani.

Affidandoci al sito trasfermarkt.it per venire a conoscenza dei valori di mercato dei calciatori ci appare subito lampante come, malgrado una difesa invidiata da mezzo (o tutto il) mondo con il blocco juventino BuffonBarzagliBonucciChiellini (il cui valore complessivo si aggira intorno ai 47 milioni di cui 30 per l’ex barese, e sono comunque pochi), dall’altra parte basterebbe il solo portiere Courtois del Chelsea per portarsi via 3/4 del pacchetto italiano. Il giovane belga ha un valore di 35 milioni che sommato ai 27+23 da spendere per portare via dal Tottenham Alderweireld e Vertonghen e aggiunti ai 3 del blaugrana Vermaelen e di Ciman del Toronto fa decollare la cifra complessiva oltre i 90 milioni, 91 per l’esattezza. Per non parlare delle seconde linee, dove il vice di Courtois, Mignolet del Liverpool ha un valore stimato intorno ai 12 milioni.

Ma se la difesa regge botta grazie a Bonucci, a centrocampo, complice anche l’assenza per infortunio di Marchisio e Verratti, piatti pregiati del buffet nostrano, il confronto non è minimamente pensabile: i cinque di Conte scelti per la metà campo lunedì sera sono stati Darmian, passato la scorsa stagione dal Torino allo United per 20 milioni, il cui valore attuale è di 15, De Rossi 5 milioni e poi il trio ex Cesena (!!) formato dal bolognese Giaccherini (4) e dai laziali Parolo (6.5) e Candreva (23). Lato Belgio, cifre da sceicchi e oligarchi: Witsel dello Zenit 25/30 milioni, Fellaini acquistato dal Manchester United per 32 milioni, il romanista Nainggolan in orbita Chelsea per 40 milioni e poi i due gioielli sulla trequarti, Kevin De Bruyne acquistato dal City per 80 milioni la scorsa estate e Eden Hazard del Chelsea il cui valore si aggira intorno ai 65 milioni ma chiunque voglia strapparlo ai Blues dovrà sborsare una cifra molto più cospicua.

Per l’attacco, basta il solo Romelu Lukaku dell’Everton per surclassare il duo formato dall’interista Eder e l’italiano fuori sede Graziano Pellè, di stanza a Southampton. Il gigante congolese ha un valore di 40 milioni contro i 12 dell’oriundo brasiliano (che completa il poker degli ex Cesena) e gli 11 dell’Italian Stallion della provincia salentina.

Ci rifacciamo solo in parte con la panchina, grazie ai 20 milioni per Florenzi, i 25 per Insigne e una quindicina per i vari El Shaarawy, Bernardeschi, Zaza e Immobile. Di là, il talentuoso Carrasco dell’Atletico Madrid (25 milioni), il napoletano Mertens (16) e i due coloured del Liverpool, Benteke (27) e Origi (11).

Sommando tutto (considerando i titolari) ci vengono capogiri da lotteria di Capodanno: 124 milioni per l’Italia contro i 378 del Belgio. Soldi veri che farebbero pendere la bilancia in favore della compagine nerogiallorossa in qualsiasi sfida, contro qualsiasi squadra. Ma il calcio è, fortunatamente, un’altra cosa. E la dimostrazione banale si è vista proprio lunedì: compattezza e spirito di squadra abbinate ad una ferocia propria dell’indole di Antonio Conte e un’intensità famelica hanno sovvertito un pronostico quasi scontato contro i giovani e rampanti mitteleuropei che di strada ne hanno ancora molta da fare, affidati ai colpi individuali e alle giocate estemporanee dei singoli.

Ha vinto l’Italia, la “povera” Italia e, per questa volta, non è stato tutto oro quello che ha luccicato.

3 Comments

  1. Pur condividendo la sostanza dell’articolo e non mettendone in dubbio l’esattezza, non ne condivido affatto il tono. È quello di chi si sente un parìa nato per sua disgrazia nella povera Italia, nella fattispecie del calcio rappresentato da una squadra di impotenti condannati allo sterminio. Vivo in Belgio da 9 anni e ne ho abbastanza di vedere toni simili sui giornali di chi in Italia vive ancora. Giornali e TV, quassù, avevano tutt’altro atteggiamento verso la nostra squadra, prima del match. Lo stesso (corretto) ragionamento del giornalista era fatto, a differenza sua, su una base di rispetto per il valore del calcio nostrano, dei campionati mondiali vinti, delle tradizioni sportive italiane. Certo, esibivano un grande ottimismo circa il risultato, ma, a priori, hanno dimostrato molta più considerazione per la nostra nazionale di quanto abbia fatto l’autore italiano dell’articolo.

    • Buongiorno Diego,
      La ringrazio per il suo commento. Sono l’autore del pezzo e relativamente alle sue critiche mosse riguardo il modo di pensare nei confronti del calcio italiano mi trova assolutamente d’accordo. Nell’articolo, soprattutto nella prima parte, si espone il pensare comune sulla nostra nazionale e sulla disfatta quasi assicurata dell’Italia proprio per metterlo in relazione poi con i risultati sul campo che dicono l’opposto. Considero la nazionale di questo Europeo solo un filino sotto le favorite anche se credo che con Marchisio e Verratti il gap si sarebbe assottigliato ancor di più.
      Mi dispiace che sia passato il messaggio che il sottoscritto sia contro questa Italia. L’intento era quello di evidenziare come, oltre i nomi e i milioni da spendere, la ragione ce l’ha sempre il campo e il campo ha zittito, fortunatamente, tutti i pessimisti del caso. Il tono era volutamente polemico proprio contro chi ci dava spacciati ancor prima di giocare e, per questo, ho usato le tipiche frasi che si sentono dire in giro. Se rilegge la parte introduttiva ( tenendo a mente il passaggio “e su quel carro adesso si sta molto stretti”) e quella finale con questa nuova prospettiva, vedrà che ciò che ho scritto riassume in buona sostanza le chiacchiere da bar a cui spesso si concede troppa importanza. Saluti e Forza Italia.

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