L’ouverture della stagione calcistica 2016/2017 è ormai dietro l’angolo. Per Roma potrebbe essere il proscenio di importanti cambiamenti nella gestione dello stadio Olimpico, che nell’ultimo anno ha vissuto senza dubbio il punto più basso della sua gloriosa storia fatta di pochi successi, ma sicuramente di tantissime pagine di calcio e tifo vissute e tramandate dalle due compagini capitoline. Sappiamo tutti come è andata in questi quattordici mesi. L’ex Prefetto Gabrielli, oggi capo della Polizia, il Questore D’Angelo si sono prodotti in uno sforzo sovrumano per annientare e sopire definitivamente la passione popolare del calcio a Roma. Ricordiamo bene anche le fallaci motivazioni che spinsero all’erezione di barriere nelle curve e alla militarizzazione estrema dell’impianto di Viale dei Gladiatori. Sì cominciò asserendo che i lavori erano necessari in virtù dello scavalcamento tra settori da parte di 2.300 – 3.300 persone a partita, (tra i 27,5 e i 33 al minuto). Per poi addossare la colpa di tutto alla Task force per le manifestazioni sportive, risalente alla stagione 2014/2015, documento che, come abbiamo acclarato tempo addietro, dice invece tutt’altro. Atteggiamenti provocatori e ostativi per la libertà personale, presentati come biglietto da visita nelle due sfide iniziali della Roma, contro Siviglia e Juventus, allorquando le curve si riempirono di agenti e sicurezza privata. Diversi ragazzi vennero multati per cambio posto, cosa che avvenne anche per i tifosi laziali qualche settimana più tardi. Senza contare la stretta repressiva attorno al perimetro dello stadio, culminata con le soffocanti e pericolosissime code prima di Roma-Real Madrid e le grottesche giustificazioni del capo gabinetto della Questura di Roma Roberto Massucci: “Abbiamo gestito alla perfezione l’ordine pubblico, tutelando l’incolumità di tutti”.
Tutto questo si è reso possibile anche e soprattutto grazie alla particolare situazione in cui Roma ha versato nell’ultimo anno. Una città, de facto, senza una gestione politica. Commissariata e messa nelle mani di un vero e proprio sultanato doubleface, con l’aggiunta del Superprefetto Tronca, mandato a vegliare sui Sette Colli anche in virtù della concomitanza con il Giubileo. I numeri sulla gradinate dell’Olimpico si sono drasticamente assottigliati, con Roma e Lazio costrette quasi sempre a giocare in un acquario e l’esempio massimo del derby di ritorno, quando le due tifoserie preferirono seguire la gara su maxi schermi, rispettivamente a Testaccio e Tor di Quinto. Una situazione che ha ovviamente creato disagi anche alle società, sia dal punto di vista ambientale che economico. E, financo, totalmente inutile ai fine dell’ordine pubblico. Ma soltanto a inasprire il clima di tensione tra tifosi e istituzioni e ampliare quella demonizzazione spesso retorica e demagogica, che avvolge il mondo del tifo calcistico.
Roma, da giugno scorso, è tornata a essere una città capeggiata da un sindaca e da una regolare giunta. È stata Virginia Raggi a prendere possesso dello scranno più importante del Campidoglio. Ha costituito fonte di interesse seguire la sua campagna elettorale, che ha puntato molto sulle periferie e sull’empatia con la gente di Roma, cosa che l’ha premiata alle urne. Un popolo che si è sentito defraudato, tradito e lasciato allo sbando dalle ultime gestioni politiche, in grado di rendere un colabrodo l’Urbe Immortale, oltre che un esempio di gestione delittuosa, corrotta e, lo dicono indagini, intercettazioni e condanne, para mafiosa. La promessa è quella di dare una svolta, dalle grandi caste che da sempre oscurano il cielo capitolino, ai piccoli disservizi che ormai da troppo tempo stritolano i semplici cittadini.
A tal merito non possiamo che legarci al calcio, da sempre specchio, anima e cuore di Roma. In qualità di prima cittadina, la Raggi avrà facoltà di sedere al Comitato per l’Ordine e la Sicurezza, il prossimo 8 agosto, l’organo collegiale dello Stato avente funzioni consultive presso ogni Prefettura. È là che le sorti strutturali dell’Olimpico potrebbero cambiare, magari rafforzando quel percorso di ritorno alla normalità già in parte avviato con l’alleggerimento delle fasi di filtraggi, l’azzeramento delle multe per cambio posto e l’abbassamento delle barriere. Chiediamo alla sindaca quale siano le sue intenzioni a tal merito? È intenzionata a sottoporre al Collegio la problematica con un’eventuale soluzione che contempli la rimozione delle barriere? E lo facciamo anche riferendoci a un post di Alessandro Di Battista, uomo di spicco nel Movimento, che il 9 novembre 2015, dopo il derby di andata, sul suo profilo Facebook sottolineava come “ieri in occasione del derby di Roma ho visto due curve vuote e in silenzio. E’ stato desolante, perché il calcio è, nonostante tutto, uno sport bellissimo che trova la grandezza soprattutto nella passione dei tifosi. Sono contro ogni tipo di violenza e ritengo che chi incita all’odio o commette un reato in un impianto sportivo, così come in una strada, in una piazza debba essere punito. Ma questo mi sembra un Paese montato al contrario, dove chi accende una torcia per fare colore allo stadio si becca il DASPO per anni ma un politico corrotto può riformare la Costituzione e il DASPO non lo prende mai. Siamo alle solite, uno Stato forte con i deboli e debole con i forti”.
Concetti più che condivisibili, che ora il partito fondato da Grillo avrebbe l’opportunità di far prevalere, in virtù di quell’empatia con la cittadinanza posta alla base della candidatura romana. La gente, dalle periferie al centro, dal ricco al povero e dal romanista al laziale, non va più allo stadio perché spesso si sente in gabbia e discriminata, impossibilitata a fare il tifo, nel rispetto delle regole sia chiaro, come si è sempre fatto negli ultimi cent’anni. C’è bisogno di una normalizzazione affinchè proprio quei valori sportivi e aggregativi a cui tutti facciano riferimento, tornino in auge anche a Roma. E lo sport è tifo, sono le bandiere, i canti, i saltelli delle curve e le smisurate esultanze dei supporter.
Si parte da una composizione nuova, con il cambio al timone della Prefettura, dove è arrivata Paola Basilone, che pare più disposta al dialogo dei suoi predecessori. Quando si parla di problemi inerenti all’Olimpico, non si devono considerare tali solo e soltanto le barriere, ma anche tutto ciò succede attorno. C’è bisogno di un nuovo piano per la viabilità. Con le folli pretese istituzionali degli ultimi tempi, arrivare nel quartiere Flaminio in concomitanza con le gare è diventata una vera e propria impresa. E questo non ha reso felici neanche i Vigili Urbani. Con blocchi e deviazioni spesso davvero poco sensate. Senza tener conto del grande dispiegamento di parcheggiatori abusivi, che da qualche anno sono tornati alla riscossa approfittando del clima sciatto e lascivo cui la Capitale è stata abbandonata. La lotta al degrado e all’abusivismo sono stati proprio due dei punti cardine della campagna elettorale della Raggi, e anche in questa sede c’è la possibilità di farsi valere rivendicando le proprie ragioni.
Sappiamo che nessuno, Raggi compresa, ha la bacchetta magica. Così come sappiamo che i suoi poteri sono limitati in tale contesto. E sicuramente la Basilone, provenendo dal dipartimento di P.S. difficilmente andrà contro l’avviso e la proposta del Questore. Ma ci preme anche sottolineare come, nella vicenda, sia fondamentale l’intervento della politica e di un rappresentante del mondo esterno. Cosa che ormai manca da diverso tempo. Non si chiede un’ingerenza, ma una presa di posizione forte e decisa, per restituire dignità ai tifosi del calcio, che, va ricordato, non sono cittadini di Serie B. E quanto realizzato all’Olimpico nella passata stagione rappresenta una pagina nera e pesante su tutti i punti di vista, che una città millenaria come Roma non può più permettersi. Anche da qui passa la sua rinascita.