Barcellona 1936: le Olimpiadi Popolari dell’Utopia che non ci sono mai state
Le Olimpiadi di solito, dalla loro prima edizione dell’era moderna ad Atene nel 1896, ci vengono presentate come uno degli ultimi eventi mondiali “in grado di unire i popoli del globo”. Purtroppo, però, questo spirito di unione non ha caratterizzato tutte le edizioni dei giochi a cinque cerchi svoltesi finora.
Nel 1936, ad esempio, i giochi olimpici si svolsero, per l’XI volta, a Berlino: una città che solamente pochi anni prima era stata eletta ufficialmente come capitale del Terzo Reich nazista. Purtroppo, le idee folli portate avanti da Adolf Hitler e dai suoi seguaci non resero quell’evento sportivo un’occasione di fratellanza tra i popoli, anzi.
Furono infatti molti i limiti imposti a determinate categorie di atleti. Per citare qualche esempio concreto, possiamo ricordare che gli atleti ebrei tedeschi, con l’unica eccezione della fiorettista H. Mayer, vennero esclusi da qualsiasi disciplina; agli atleti africani, invece, fu permesso di partecipare solo sotto le bandiere dei loro dominatori coloniali.
Nonostante tutto l’evento olimpico organizzato dal “genio creativo” di Goebbels, sotto lo sguardo compiaciuto del Führer, portò anche qualche delusione ai nazisti. Ricordiamo, a tal proposito, l’impresa del velocista afro-americano Jesse Owens che, come descritto da noi di Gioco Pulito in un precedente articolo, riuscì a portare a casa ben quattro medaglie d’oro.
Oltre alle sconfitte sul campo c’è chi cercò di boicottare le Olimpiadi berlinesi non presentandosi proprio: ad esempio la Spagna e l’URSS non inviarono alcun loro atleta. Ma la protesta non si fermò qui.
Il Fronte Popolare spagnolo, assieme al governo autonomo della Catalogna, tentò infatti di organizzare una sorta di contro-manifestazione dell’olimpiade ufficiale. Questo evento venne denominato “Olimpiade Popolare” e si sarebbe dovuto tenere nella città catalana di Barcellona dal 19 al 26 luglio 1936.
Tale olimpiade, che doveva terminare 6 giorni prima l’inizio della kermesse nazista, almeno nelle intenzioni iniziali degli organizzatori, cercava di contrastare in tutto e per tutto la sua omologa berlinese. Doveva rappresentare una occasione di confronto sportivo “senza nazioni” e senza nazionalismi, dove l’unica bandiera sarebbe stata quella rossa e l’unico canto l’Internazionale.
Alla fine furono circa 6000 gli atleti, provenienti da 22 nazioni del mondo, che accettarono di recarsi in terra catalana per gareggiare. Altra differenza, con le Olimpiadi ufficiali, era rappresentata dal programma che comprendeva, oltre alle classiche discipline sportive, anche competizioni di scacchi, danza popolari, musica e teatro.
I fronti popolari dei vari paesi cercarono insomma di contrastare i fascismi e totalitarismi dilaganti in varie zone d’Europa dal punto di vista sportivo. Lo sport stesso, d’altronde, non era più considerato, a sinistra, come un «vizio borghese».
Per questi presupposti, alcuni le hanno descritte come le “olimpiadi dell’utopia”. Questo perchè, a Barcellona, si tentò di mettere in mostra un mondo ideale che contrastava, sotto numerosi punti di vista, quello reale che stava avviandosi in ben altra direzione.
Purtroppo le Olimpiadi Popolari non si tennero mai per un fatto storico assai conosciuto: lo scoppio della Guerra Civile Spagnola. Il 17 luglio 1936, solamente due giorni prima l’apertura a Barcellona, il generale Francisco Franco attuò il golpe fascista contro il governo iberico dando il via, in maniera ufficiale, al conflitto più sanguinoso della storia spagnola recente.
A ricordo di quei giochi mai disputati rimangono pochi manifesti, qualche foto e il valore di molti atleti che rimasero in Spagna a tentare di resistere all’avanzata franchista. A Barcellona, al posto della cerimonia di apertura dei giochi, si alzarono le barricate per difendere la libertà e la democrazia.