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Ayrton e Alain: il mio nemico migliore

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Ayrton e Alain: il mio nemico migliore

Nel giorno in cui festeggiamo i 68 anni di Alain Prost, con Paolo Marcacci, autore del libro “Senna vs Prost. Il duello”, vi raccontiamo l’inizio e l’epilogo di uno delle dicotomie più belle della storia dello Sport., tra il fenomeno brasiliano e il professore francese.

“Lui con me è umanamente incompatibile, ma non riesco a immaginare la mia carriera senza lo stimolo rappresentato da Alain“Ayrton Senna

Come in certe storie d’amore (perché, in fondo questa non lo è?), o come quando si interrompe per qualche motivo un rapporto di coppia (ancora: non vi sembra che questo lo sia, meno che mai platonico, con l’orgasmo più intenso rappresentato dalla sconfitta dell’altro?), ci si sforza di ricordare quando davvero scoccò la fatidica scintilla, quando almeno uno dei due si accorse dell’altro, o quando fu che entrambi vennero toccati dal fatidico colpo di fulmine. Oh, certo, a nessuno dei due venne certo voglia di baciare l’altro, questo no; ma in qualche angolo del loro inconscio già stava germogliando la voglia, anzi l’esigenza, perché rende meglio l’idea, di sconfiggere l’altro.

Se adesso vi dicessimo che quel mezzo, anzi qualcosa in meno, Gran Premio di Montecarlo con Prost che taglia il traguardo da primo in graduatoria (ancora per pochissimo, se la gara fosse proseguita) e Senna con la Toleman che invece prosegue, col braccio levato in alto in segno di vittoria, convinto di potersi godere il giro d’onore, non fu la prima volta in cui ebbero da ridire qualcosa l’uno nei confronti dell’altro e viceversa? Se vi raccontassimo che era già accaduto che Senna tentasse di incalzare in qualche modo Prost per accrescere la propria autostima di esordiente e che Prost notasse qualcosa di particolarmente speciale nel modo in cui quel ragazzo di San Paolo tentava di rapportarsi a lui? Non a lui e agli altri veterani della Formula Uno: a lui soltanto, perché ancora prima del ritiro di Niki Lauda e ancora prima che quest’ultimo vincesse il suo terzo campionato del mondo, Prost rappresentava già il paradigma del dominatore del presente e degli anni a venire. Dominatore quasi assoluto, peraltro, se non fosse arrivato qualcuno a contendergli lo scettro.

Siccome, però, se vi dicessimo che Monaco ’84 fu soltanto la prima gara in cui si trovarono a contendersi la prima posizione ma che un loro confronto, con Prost nei panni del collega maturo e benevolo e Senna in quelli del giovane semisconosciuto, curioso e affabile, era già avvenuto mesi prima, voi non ci credereste, preferiamo farlo raccontare direttamente al Professore, che per l’occasione fu anche l’autista di Senna, per così dire: “Me lo ricordo bene, fu qualcosa che sarebbe stato destinato ad essere marchiato a fuoco nella mia mente.

Sono ricordi che ti porti dietro tutta la vita. Nella primavera nel 1984, avvenne che il Nurburgring riaprì i battenti, e ci sarebbe stata una gara di esibizione, per i piloti di Formula Uno del passato e di quello che allora era il presente, con delle vetture stradali Mercedes. Stavo recandomi lì con un volo da Ginevra a Francoforte, e Ayrton sarebbe dovuto atterrare circa mezz’ora prima, e così Gerd Kremer mi chiese se per caso lo avessi potuto accompagnare al tracciato.

Durante il viaggio parlammo un po’ e si dimostrò davvero molto affabile. Arrivammo nel circuito e testammo le macchine. Io ero davanti a tutti, con lui subito dietro di me e…sembrerà strano, ma dopo quell’occasione non mi parlò più! Mi sembrò un po’ una cosa bizzarra all’epoca e non ci detti peso. Poi in gara presi il comando e mi buttò fuori dopo neanche mezzo giro. Era stato proprio un buon punto di partenza..

Col senno di poi, queste sono certamente le stimmate di un rapporto destinato a diventare speciale da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare. Innanzitutto, nel tempo, negli anni e nei campionati del mondo che sarebbero seguiti a quel primo incontro già così bizzarro nei modi, i fatti avrebbero dimostrato che Senna sin da subito aveva considerato Prost un eletto, nel senso più sacro del termine: a lui il pilota brasiliano avrebbe riservato il modo più aspro di duellare in pista, sempre lui avrebbe rappresentato il suo termine polemico, il suo esatto opposto prima come uomo e poi come pilota (anche se non del tutto vero, quest’ultimo concetto, nelle evocazioni degli appassionati e nell’immaginario dei tifosi di entrambi i piloti ha costituito da subito un cliché).

Ed è con i duelli tra Prost e Senna che la Formula Uno scopre una competizione diversa, una lotta in pista che non è soltanto serrata, o intensa; perché nella loro contesa a colpi di staccate e di traiettorie con le quali si ostruiscono la visuale a vicenda, nei gran premi cala una dimensione nuova, di un’asprezza non conosciuta fino a quei loro momenti; di bagarre che non ammette esitazioni, di obbligatoria durezza in cui l’aggressività nasconde (non molto bene, per la verità) la rinuncia a ogni tipo di scrupolo.

Vicendevolmente, anche Prost ha reso Senna un eletto, riservando a lui, a lui soltanto, la sua disposizione ad alzare la soglia della sfida e di conseguenza anche quella del rischio. Lui, l’allievo prediletto di Niki Lauda, che si lascia trascinare sul terreno di un duello che a volte non contempla nemmeno la vittoria, come posta in palio. Ha mai trattato così un altro avversario, Alain Prost? No, nemmeno lui. Né il Professore, né Ayrton Senna, hanno mai riservato a un altro pilota quella voglia di infliggere umiliazione che soprattutto Senna nei confronti di Prost, ma anche viceversa con modalità un po’ meno eclatanti, loro due si sono riservati a vicenda. /Segno d’inestinguibil odio e d’indomato amor…/ diceva il Poeta. In quel caso, parlava di un francese; quel francese chiedeva a Dio di far vivere a lungo il suo nemico, a lungo e in buona salute, affinché potesse assistere a tutti i suoi successi. Anche quelli, in qualche modo, hanno saputo dedicarseli a vicenda; dedicarseli, già, per un motivo molto semplice: perché il resto del mondo ha sempre visto nella vittoria dell’uno, la sconfitta dell’altro.

“Senna in questo è stato sempre molto particolare fin dall’inizio. Una cosa che ho sempre pensato davvero, è che tenesse in considerazione un qualcosa come le sue personali regole oltre a quelle che venivano rispettate con ossequio da tutti, compreso lui. Credeva in entrambe, e le applicava indistintamente. Era così e basta, in questo non potevi imporgli di cambiare. E poi era un credente fervido, la fede lo accompagnava ovunque andasse, dovunque si trovasse, in qualsiasi attività. E non di rado ne parlava, del suo zelo nel credo religioso, delle verità in cui credeva, della sua educazione, il suo carattere e altre cose ancora simili. A quel tempo solevo pensare che alcune delle cose che faceva in pista non tanto si conciliassero con tutti i suoi discorsi di moralismo, ma ora, andando a ritroso nel tempo, mi sembra che non se ne capacitasse più di tanto che, talvolta, fosse nel torto. Non se ne rendeva conto, non lo faceva apposta. Come stavo dicendo, lui aveva queste sue norme da seguire, e perseverava in esse e non gli importava di fare diversamente, o fare altre cose. Solo adesso mi accorgo che credeva in quel che faceva, e che per lui erano le cose giuste da fare, e d’altronde ha sempre detto la verità, senza mai comportandosi in modo infido, e faceva tutto alla luce del sole, così nei rapporti personali, così in pista.”: in queste parole di Prost c’è profonda comprensione di tutto ciò che l’uomo Senna, ancora prima del pilota, è riuscito a rappresentare.

Adelaide, Australia, 7 novembre 1993: non è stato soltanto l’ultimo gran premio della stagione, l’ultimo atto di un Campionato del mondo dominato in lungo e in largo dalla Williams e da Alain Prost. Adelaide 1993 è anche il punto finale messo alla fine di un racconto che sembrava non dovesse finire mai: quello del duello tra Ayrton Senna e il Professor Prost. Adelaide 1993 è il crepuscolo di due dei, semplicemente perché uno ha deciso, con decisione ormai definitiva, non reversibile, di scendere dall’abitacolo. Nel momento in cui si sfila la maschera, dopo aver tolto il casco, è come se scrollasse dalle proprie, esili spalle il peso di un decennio trascorso a cercare razionalmente di raggiungere il limite e di mantenerlo, alimentando ogni volta la ricerca della prestazione perfetta. Contro tutto e tutti, contro ogni imprevisto del quale limitare fino alla soglia del possibile la percentuale di incidenza. Contro Ayrton Senna, soprattutto, che dal 1988 in poi aveva rappresentato il nemico migliore, la sua antitesi, ma anche il suo completamento, il termine di un paragone inevitabile e al tempo stesso quasi eretico.

Ecco perché se un dio esce di scena, l’altro non può che immaginare almeno una parte, capirà a breve quanto consistente, di sé che accompagna il grande rivale verso un crepuscolo che non può fare a meno di assomigliare a un sipario. Tutto quello che sarà destinato a essere da questo momento in poi, Ayrton Senna sa che non potrà che goderselo o maledirlo da solo: senza più quel confronto lì, senza poter individuare quel casco con le strisce della bandiera francese; senza più poter gettare oltre i cordoli una manciata di scrupoli, visto che non ci sarebbe più stato l’unico altro uomo speciale in mezzo alla bagarre, al quale sgambettare la traiettoria perfetta.

E non finisce soltanto la storia agonistica di Alain Prost, ad Adelaide: Ayrton Senna dopo sei stagioni e tre titoli mondiali ha deciso di concludere la sua inimitabile parabola sportiva al volante della McLaren. Con una vittoria, lo ha promesso a Ron Dennis, con il quale prima della gara si è seduto in un angolo a parlare con franchezza, con malinconia, con una punta di amarezza. Hanno convenuto di chiudere la loro avventura insieme nella maniera migliore possibile, magari vincendo il gran premio; Senna dice a Dennis che non c’è nemmeno bisogno di pronunciarle, quelle parole, perché nessun altro modo di salutare la McLaren, ossia il capitolo più importante della sua storia sportiva e umana in Formula Uno, lo riterrebbe degno.

In effetti, per la prima volta nella stagione non c’è una Williams in pole position. Dalla prima casella della griglia partirà proprio Senna, capofila ideale di una parata che più gloriosa non si potrebbe, col quarto titolo mondiale di Prost che riempirà i calici sul podio, comunque vada e con il saluto di Ayrton alla scuderia che lo ha vestito per accompagnarlo all’altare con le sue tre corone d’alloro. Una parata che non può, allora, avere anche il retrogusto amaro che arriva al palato durante i tornanti che le monoposto percorrono per l’ultimo giro di una gara quasi senza storia. Vince, Ayrton Senna, salendo sul gradino più alto del podio per l’ultima volta con la tuta rossa, quella che ormai gli appassionati di tutto il mondo percepivano come la sua seconda pelle. Perdonate il gioco di parole, ma ogni volta che una volta è l’ultima, c’è qualcosa che si perde per sempre; qualcosa che tutti, non soltanto i diretti protagonisti, sanno che si sta consumando soltanto per il presente e che poi non sarà mai più. Dietro l’ultima McLaren di Ayrton Senna, le due Williams, quelle di Prost e Hill.

Prima del podio, c’è la passeggiata verso i suoi gradini. Prima del podio c’è tutto quello che può passare per la testa a due che non saranno mai più come sono in quegli istanti: uno ha concluso la sua missione, in pace con se stesso e con i suoi quattro fregi di Campione del mondo; l’altro con la prospettiva di approdare, ora, nella scuderia più forte, per fare il vuoto rispetto a tutti gli avversari che gli restano. Tutti gli altri, che nemmeno messi insieme saranno mai il suo nemico migliore. Se ne rende conto del tutto soltanto durante quei passi verso il trofeo e le magnum di champagne, Ayrton Senna.

Si capisce, nella maniera più efficace, proprio da come Alain Prost racconta le sue ultime settimane trascorse da rivale “eletto” di Ayrton Senna:

“In Giappone la gara lui la vinse e io arrivai secondo. Quando, dopo i festeggiamenti sul podio, giunse il momento della conferenza, nel breve cammino che facemmo assieme gli dissi: – Questa potrebbe essere l’ultima volta in una conferenza stampa assieme, e penso che dovremmo mostrare alla gente che tra noi non c’è gelo, dovremmo fare un qualche gesto di distensione. Non so, stringerci la mano magari, o qualcos’altro -. Lui non pronunciò una sola parola, non mi rispose, ma non disse di no, e nonostante tutto credevo avesse accettato. Al momento delle interviste non se ne curò affatto, neanche mi guardò.

E allora pensai che forse avremmo fatto meglio a scambiarci ad Adelaide i caschi, gli ultimi indossati da noi due, nell’ultima gara in cui saremmo stati lì a battagliare l’uno contro l’altro. Tuttavia dopo il Giappone me ne scordai, perché poi alla fine non sembrava tanto propenso ad accettare una qualche riconciliazione. E venne il Gran Premio d’Australia, quando finimmo in prima e seconda posizione ancora una volta, e questa sarebbe stata di sicuro l’ultima.

Mentre ci stavamo incamminando verso il podio, accennò una breve conversazione e mi domandò quali fossero i miei piani dopo il ritiro e cosa avrei fatto nel futuro imminente, che sarebbe iniziato di lì a poco. Io ero molto stupito e risposi che non ne avevo la più pallida idea. – Ti abbufferai per diventare grasso? – mi disse e sorrise. Questo era il suo modo di fare, in ogni modo, la battuta che aveva fatto era carina, ma questo era Ayrton. Se lui la pensava come te, bene, altrimenti non scendeva a compromessi: se volevi costringerlo a fare qualcosa che non voleva te lo potevi pure scordare.”

Sul podio, dopo la cerimonia di rito, Senna chiama, non invita, chiama sul gradino più alto Alain Prost: gli alza il braccio, indicando alla folla, al mondo, il Campione del mondo; omaggiandone la carriera che sotto quel cielo d’Australia ha appena consumato il suo epilogo. Ma, soprattutto, Ayrton Senna compie quel gesto per omaggiare chi in tutti quegli anni lo aveva costretto, quindi aiutato, a tirare fuori il meglio della propria classe, della propria determinazione, della propria cattiveria anche. E chi ti impegna a tirare fuori il meglio, in un modo o nell’altro, ti rende migliore, suo malgrado. Nell’abbraccio che scioglie la tensione, il dio delle corse vorrebbe trattenere il più possibile il tempo dei due, tra i suoi figli prediletti, a cui avrebbe donato l’immortalità agonistica, se solo avesse potuto.

Tra loro è appena iniziata l’era del rispetto. Reciproco, come l’odio che si erano sputati addosso a colpi gommando gli asfalti di ogni continente.

Più tardi, Senna confiderà a un amico intimo che solo dopo l’uscita di scena del Professore aveva compreso quanta della sua determinazione era andata perduta per sempre con il ritiro del francese: tutta quella che provava dallo sfidare in pista il “suo” rivale. Suo e di nessun altro. Una forma di amore, come abbiamo già sussurrato.

E che la Formula Uno per Ayrton non sia più la stessa, da quando non scorge più la livrea francese del casco di Alain, lo dice lui stesso: lo dice pubblicamente, mentre è al volante della Williams, per un giro di prova che serve anche a girare uno spot pubblicitario, durante il week end del Gran Premio di Imola del 1994: mentre sta prendendo parte alle riprese di un filmato promozionale per la Elf (sponsor e fornitore Williams nel 1994) nel quale compie un giro “on board” sul tracciato di Imola, Senna collegato via radio sorprende tutti affermando improvvisamente, in inglese, con tutta la spontaneità di cui è capace quando è animato da uno dei suoi slanci: – Vorrei fare gli auguri di bentornato al mio amico Alain, manchi a tutti… –

Prost, persino lui, l’analitico Professore che riesce a tenere ogni minimo particolare, anche emotivo, sotto controllo, è molto toccato da queste parole. Iniziano, tra i due, contatti frequenti, soprattutto di tipo telefonico: “Già…Infatti dopo che mi ritirai parlammo abbastanza spesso al telefono. Lui mi chiamava in diverse occasioni, di solito parlavamo di sicurezza; lui mi voleva coinvolgere nella faccenda, e ci mettemmo d’accordo di parlarne a Imola. Quel fine settimana ne discorreva tanto; mi sembrava che fosse cambiato nel suo modo di fare, molto più disponibile, più affabile. E anche in pista, nel 1994 facevo fatica a riconoscerlo, non aveva la cattiveria, la concentrazione giusta che lo aveva contraddistinto in tutti gli anni passati.”

In effetti, non è iniziato affatto bene il Campionato del mondo del 1994 per Ayrton Senna e per la Williams, rimasti a secco nelle prime due gare. Per qualche motivo, il pilota di San Paolo si sente ancora un pesce fuor d’acqua in seno alla scuderia di Frank Williams e al tempo stesso, dopo un inizio così in salita, sa che a Imola, terzo appuntamento iridato stagionale, non potrà sbagliare nulla.

A Imola, nel primo giorno di maggio del 1994.

Romano, 47 anni, voce di Radio Radio; editorialista; opinionista televisivo; scrittore, è autore di libri sulle leggende dello sport: tra gli altri, “Villeneuve - Il cuore e l’asfalto”, “Senna - Prost: il duello”, “Muhammad Ali - Il pugno di Dio”. Al mattino, insegna lettere.

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