Andrea Silenzi, il bomber ‘Pennellone’ partito dalla polvere della Prima Categoria
La torre di Ostia: Andrea Silenzi. A cavallo tra gli anni ottanta e novanta c’è stata una giraffa umana che imperversava nel cuore delle difese avversarie.
Nasce a Roma nel 1966, ma cresce nel litorale laziale anche calcisticamente. Sì perché i primi passi ‘Pennellone’, così soprannominato per la sua imponente mole, li muove sui polverosi campi periferici. Quella del Pescatori Ostia è una cornice apparentemente anonima all’epoca. In contemporanea, curiosità che forse in pochi ricordano, il riccioluto segue e completa un corso specialistico per odontotecnici. Il pallone, però, rotolerà per tutta la sua vita.
Gol a grappoli in Prima Categoria e, come un sogno ad occhi aperti, il contatto con la rinomata società della Lodigiani (vetrina capace di lanciare svariati assi nel gotha). La terza squadra della capitale, con mister Guido Attardi, viaggia sicura in Serie C2. Al Flaminio ci si diverte e Silenzi, nella stagione 1986-1987, spicca il volo siglando 18 reti nel girone D. In maglia biancorossa luccicano anche altri interpreti che faranno strada. Ricordiamo ad esempio i centrocampisti Fabrizio Fioretti e Giuseppe Ferazzoli, transitati poi entrambi nel Piacenza.
Silenzi diventa il nome ricercatissimo nel mercato estivo della terza serie nazionale. La spunta prima l’Arezzo, dove però Andrea non riesce ad affermarsi, poi la Reggiana. L’annata ’88-’89 sarà col botto. I granata di Giuseppe Marchioro volano in B vincendo il girone A con 9 centri di ‘Pennellone’, e altre 5 marcature in Coppa Italia, per uno stadio Giglio festante. Gli emiliani si ripetono in grande stile pure in cadetteria. Un settimo posto da applausi ed un gioco a tratti spumeggiante. Silenzi si supera: 23 acuti e titolo di capocannoniere in tasca.
L’estate è rovente. I quotidiani sportivi parlano tutti dell’ultima rivelazione della B, pronta ormai per il palcoscenico del calcio che conta davvero. Chi fa sul serio è il Napoli di Ferlaino, fresco di scudetto, che sborsa la bellezza di 7 miliardi lire per assicurarsi la torre romana.
L’antipasto è prelibato: Silenzi mette a referto una doppietta nel 5-1 partenopeo contro la Juventus, all’alba di un naufragio con la zona di Maifredi, nella bolgia del San Paolo in Supercoppa. Gloria embrionale purtroppo effimera perché, di fatto, nelle due stagioni trascorse all’ombra del Vesuvio le gioie saranno solo 6 in 39 gettoni. Pesantissima la concorrenza nel settore offensivo con colleghi del calibro di Careca, Zola, Incocciati, oltre chiaramente al divino Maradona.
Meglio cambiare lido: destinazione Torino. Il Mondo lo aspetta, lui arriva e non delude. Insieme a Casagrande e Aguilera, con un certo Luciano Moggi come general manager, il Delle Alpi si illumina. Decisivi i due gol nella finale di ritorno di Coppa Italia, il 19 giugno 1993 all’Olimpico, contro la Roma di Giannini.
Ma l’apoteosi giunge nel ’93-’94, quando Andrea trafigge la porta avversaria per 17 volte. Questi numeri da capogiro gli valgono la chiamata della Nazionale azzurra in vista dell’amichevole del febbraio ’94 contro la Francia, persa poi 1-0.
Incredibilmente l’incantesimo termina all’improvviso. Silenzi accoglie le sirene della Premier League. Nel Nottingham Forest però non ingrana registrando solo 12 presenze senza gol. Torna subito in patria ma, dal 1996 al 2001, sorriderà in appena nove circostanze tra Venezia, Reggiana, Ravenna e di nuovo Torino.