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Se anche il Calcio fa i conti con il rischio default
È sempre più concreto il rischio default per il calcio italiano: se fino a qualche tempo fa non si poteva neanche immaginare di arrivare ad un punto simile, oggi il baratro è piuttosto vicino. L’esplosione della seconda ondata di Covid (non è ancora passata e c’è già chi ne prevede una terza) ha sferzato violentemente i conti delle società di Serie A e non solo. Perché anche il calcio minore è stato investito dalla crisi, forse in maniera ancor più netta.
La crisi ha riguardato il mondo intero, non solo lo sport: il calcio si trova a dover fronteggiare cali di fatturato evidenti a fronte di costi che restano altissimi. Le squadre di Serie A si stanno tenendo a galla grazie agli introiti dei diritti televisivi, utili più a contenere i passivi che non a generare ricavi.
La dipendenza dai diritti TV
Ma la dipendenza dai diritti tv è un qualcosa di non necessariamente positivo, dal quale si dovrebbe tentare di smarcarsi come aveva profetizzato qualche anno fa Carlo Azeglio Ciampi, allora Presidente della Repubblica (era il 2004), affermando che si rendeva necessaria una “rigenerazione morale, economica e organizzativa” senza la quale “i danari dei diritti televisivi rischiano di essere una droga che uccide il calcio italiano”.
La rigenerazione morale non c’è probabilmente stata; ed a ben guardare neanche quella organizzativa ed economica. I diritti televisivi sono diventati sempre più imprescindibili, spesso e volentieri unica vera fonte di incassi per le società.
Il settore delle scommesse sul calcio
Ed in termini di riorganizzazione economica alcune strade ci sarebbero anche, ma bisognerebbe turarsi il naso fedeli al motto pecunia non olet. Quello delle scommesse (lecite ovviamente) legate al mondo del pallone è sempre stato un comparto piuttosto ricco: da un paio di anni, con l’entrata in vigore del Decreto Dignità, la promozione è stata vietata. Più nello specifico la legge afferma che:
“è vietata ogni forma di pubblicità, sia diretta sia indiretta, riguardante i giochi oppure le scommesse che propongono premi in denaro che possa essere trasmessa tramite i mass media, Internet, le manifestazioni pubbliche o attraverso qualunque altro mezzo di comunicazione on-line e off-line”.
A seguito di quel provvedimento il calcio italiano ha perso oltre 100 milioni solo nel primo anno (fonte: Il Sole24ore). Per alcuni il provvedimento è stato una manna dal cielo, per altri si è andati a tagliarsi le gambe da soli.
Decreto Dignità da rivedere?
Anche perché se l’intenzione era quella di dare un taglio alla ludopatia i risultati non sono stati eclatanti: scommettere sui match di Serie A è ancora un qualcosa di molto praticato dagli utenti. il calo c’è stato casomai a causa del lock down con i campionati fermi, fattore che ha portato ad un crollo delle giocate, come ovvio che fosse.
Ma i siti di scommesse in regola, soprattutto quelli che offrono comparazioni e pronostici che restano i più frequentati (ad esempio qui troverai tutti i pronostici Serie A), subito dopo il provvedimento avevano registrato un incremento notevole del numero di visitatori. Solo la sospensione totale dei vari campionati causa Covid ha portato ad un crollo delle giocate e, di conseguenza, degli introiti per i bookmakers.
Una crisi che si è abbattuta su uno dei pochi settori ancora in grado di registrare utili nel calcio e che con al ripresa dei campionati sta pian piano rientrando. Al punto che si è pensato più volte di mettere in stand by, almeno per 1 anno, il provvedimento del Decreto Dignità che vieta la sponsorizzazione delle aziende che lavorano nel settore delle scommesse sportive.
In sostanza con il calcio in crisi totale e ad un passo dal baratro, le tanto vituperate scommesse sportive potrebbero rappresentare, per molti, l’unica àncora di salvezza.