Tennis e match fixing: quando la scelta è (quasi) obbligata

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Il 18 gennaio era scoppiato uno scandalo di proporzioni internazionali, che si era duramente abbattuto sul mondo del tennis. Match-fixing, combine, scommesse pilotate, un calderone di informazioni molto scottanti che era stato rivoltato dalla BBC e da BuzzFeed News, minacciando tanto i maggiori organismi del tennis quanto i giocatori, anche i più famosi.

Ma col passare dei mesi gli effetti della bomba mediatica si sono pian piano affievoliti. E allo stesso modo non è emerso nemmeno il nome di un tennista coinvolto nella vicenda. Tutto è caduto nel dimenticatoio.

Finchè, qualche giorno fa, sono venute alla luce nuove interessanti dichiarazioni. A parlare è stato infatti Amir Weintraub, tennista israeliano attualmente numero 223 del ranking mondiale, intervistato da un’emittente del suo paese. Un giocatore con una lunga carriera alle spalle, che ne ha viste di tutti i colori e che per questo ha voluto parlare delle piaghe che si nascondono tra le maglie del tennis. Una piaga su tutte: il match-fixing.

 ” Ciò che si può guadagnare combinando una sola partita, è maggiore di quello che guadagna in media uno che ha una classifica simile alla mia. Mi contattavano per combinare un match una settimana sì e una no, ovunque, ma soprattutto in Russia. Ma quando rispondi sempre di no, di solito smettono dopo un paio di settimane. Nel chiedertelo, ti dicono: ‘Sei interessato a non sentirti bene durante una partita?’.”

 Weintraub non gira attorno all’argomento, ma va subito al punto. Dalla sue parole trapela come il fenomeno di cui parla sia profondamente radicato nel mondo del tennis. Di come il match-fixing non sia una problematica che si presenta una tantum, ma una prassi ben collaudata.

 Il tennista continua: “Non c’è nessun giocatore tra la 1.500esima posizione e la prima che non sia mai stato avvicinato dagli scommettitori, Novak Djokovic incluso.” Sicuramente il riferimento a Nole va ricondotto alle sue dichiarazioni nel gennaio scorso. In quell’occasione, a seguito dello scandalo appena esploso, il serbo aveva raccontato che nel 2007 a San Pietroburgo era stato avvicinato da loschi individui, che gli avevano appunto proposto di perdere un incontro in cambio di 200.000 dollari.

E le dichiarazioni di Weintraub sono ampiamente supportate dalla realtà. Infatti, solo tra settembre e ottobre sono venuti a galla due casi di tennis-scommesse. Il primo riguarda Joshua Chetty, tennista sudafricano, che nel novembre 2015 tentò di aggiustare due match nel Future di Stelllenbosch e per questo è stato squalificato a vita.

Nel secondo caso, invece, ad essere squalificato per 6 mesi è stato Daniel Garza, tennista di Monterrey, pizzicato a combinare una partita al Future di Calabasas, nel marzo 2015.

In entrambi i casi i tennisti in questione erano ben lontani dalla top 100 mondiale. Ed è anche su questo aspetto che si è voluto soffermare Weintraub –soprattutto tramite i  social-, sulle difficili condizioni in cui si trovano i tennisti oltre la centesima posizione mondiale: Il punto è che noi giocatori oltre la 100esima posizione siamo delle pedine pronte a perdere per i giocatori al vertice.”

Come al solito Weintraub non ha peli sulla lingua. Secondo lui è il sistema che non funziona, perché tutela solo i tennisti al vertice del ranking, mentre tutti gli altri sono abbandonati a se stessi, costretti a spendere cifre esorbitanti pur di partecipare a tutti i torni in giro per il mondo. Ad esempio, è stato lui stesso a raccontare di come una volta, giunto ad Honk Kong col portafoglio agli sgoccioli, per non dormire in aeroporto  chiese su Facebook se qualcuno poteva ospitarlo per quella notte.

Ed è anche per questo che il match-fixing è così ben radicato, tanto da spopolare. I giocatori, non supportati adeguatamente né dalle federazioni né da organismi internazionali, per non soccombere si lasciano attrarre dalle avance degli scommettitori. Un problema, questo, che passa però in secondo piano, oscurato dalle cifre ben più elevate che girano ai vertici del ranking ATP e WTA. E finché il problema non verrà denunciato e combattuto pubblicamente, la piaga del match-fixing continuerà ad imperare.

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