Alpine e Ocon: una prima vittoria nel segno dello spirito di squadra

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Alpine e Ocon: una prima vittoria nel segno dello spirito di squadra

L’immagine di Esteban Ocon sollevato in trionfo dal compagno di squadra Fernando Alonso al termine del Gran Premio d’Ungheria è la perfetta sintesi dell’ingrediente principale della prima vittoria in Formula-1 dell’Alpine e dello stesso pilota francese: lo spirito di squadra. Il team spirit molto caro all’ultimo presidente vincente della Ferrari, Luca Cordero di Montezemolo, che non mancava di collocarlo sul podio delle ragioni fautrici dell’era Schumacher, è stato il protagonista di una giornata storica per tutta la squadra corse della Renault.

Perché l’imprevista ed eccezionale meraviglia è sì arrivata in un gran premio rocambolesco, con sei potenziali pretendenti al successo eliminati alla prima curva da un incidente causato da un pilota al tramonto (Valtteri Bottas) e da uno con limiti per la Formula-1 (Lance Stroll, che con pista bagnata ha frenato sull’erba…), ma soprattutto grazie a una straordinaria prestazione di tutte le componenti della scuderia francese: piloti, team manager, ingegneri e meccanici.

Approfittato dell’errore strategico del box Mercedes, che ha lasciato Lewis Hamilton sulle gomme intermedie quando la pista già chiedeva le slick, Ocon, entrato nella macelleria della prima curva 8^ e uscitone 2^, si è ritrovato in testa ed è stato bravo a gestire alle sue spalle un quadricampione del mondo come Sebastian Vettel, mantenendolo in orbita DRS senza però mai rischiare di essere sorpassato. Accumulati oltre venti secondi di vantaggio sugli inseguitori, i due si sono giocati il primato al pit-stop. Dove sul palcoscenico è salito il muretto e il box della Alpine. Il primo ha richiamato Ocon un giro dopo la sosta di Vettel per evitare l’undercut, mentre il secondo è stato velocissimo a rimandarlo in pista davanti al tedesco.

Era il trentottesimo dei settanta giri e si pensava che il più fosse fatto. Invece il bello doveva ancora venire. Perché un indemoniato Hamilton, su gomme medie, guadagnava circa due secondi al giro su tutta la concorrenza e pareva avviato a una leggendaria quanto vittoriosa rimonta. Finché non arrivava dietro l’altra Alpine, quella di Alonso (quarant’anni giovedì scorso), quarta e ombra sempre più lunga sull’arrancante Ferrari di Carlos Sainz. Iniziava a quel punto un duello memorabile tra l’inglese e l’asturiano, che difendeva la posizione con una guida pulita e decisa, dimostrando di essere ancora il numero uno in circolazione (il valore del pilota si vede quando è al volante di vetture di seconda o terza fascia). Ma soprattutto la sua resistenza ha impedito a Hamilton di andare a prendere il suo compagno di squadra, che aveva già iniziato a fare il countdown con la gloria. Quando la Mercedes è riuscita a passare, favorita da un bloccaggio dell’anteriore destra della A521 in curva 1, mancavano sei giri alla bandiera a scacchi. Sufficienti per superare Sainz e gettarsi all’inseguimento del duo di testa. Ma non per raggiungerlo.

Un lavoro di squadra dunque decisivo. E a simboleggiarlo c’è proprio quell’abbraccio nell’immediato dopogara. Risalita a corsa la pit-lane col casco ancora in testa e in mezzo ai complimenti degli addetti ai lavori per una scena da Momenti di Gloria (mancava soltanto la musica di Vangelis), Ocon prima del podio è andato alle transenne a festeggiare con il team dopodiché si è voltato e ha visto Alonso. I due si sono corsi incontro con lo spagnolo che l’ha sollevato in trionfo. Immortalata dai fotografi e finita subito sul canale Instagram della Formula-1, in quell’istantanea c’è la gioia per aver vinto, per aver aiutato e per essere stato aiutato.

Ma in quell’abbraccio c’è anche la grandezza di un due volte campione del mondo che si è messo al servizio del più giovane compagno affinché la squadra conseguisse un risultato impensabile a inizio stagione, quando era considerata la settima-ottava forza, sul quale ha grande merito anche il team manager. Un italiano, Davide Brivio, non nuovo a perle rombanti visto che nel 2020, a capo della Suzuki, ha vinto il titolo mondiale della Moto GP con un altro pilota iberico, Joan Mir.

E quella festa sospinta verso il cielo racconta anche la riconoscenza dell’emergente verso l’esperienza e il talento del maestro. Ocon avrebbe potuto scaricare Alonso per prendersi tutte le luci della ribalta, dopotutto era lui ad aver vinto. Invece le sue prime parole ai microfoni sono state proprio per Nando, eletto ufficialmente “Pilota del Giorno”: “Congratulazioni a Fernando, ho vinto grazie anche alla difesa che ha fatto. È fantastico lavorare con lui, lo è fin da inizio anno. Tanti mi dicevano cose su di lui, prima che arrivasse. Ma si sbagliavano tutti. Lui è un ragazzo fantastico, che lavora molto bene nel team”. La migliore smentita a tutte le malelingue, a cominciare da certa stampa italiana ai tempi della Ferrari, che ne hanno adombrato la carriera imputandogli di essere una personalità divisa dentro la squadra.

Budapest e una gara pazza in una domenica d’agosto hanno così resuscitato una Formula Uno dal volto umano alla quale non ci si era più abituati. E ci hanno ricordato come nella vita, di cui lo sport è una componente come il lavoro o gli affetti, le emozioni più intense siano all’insegna della collaborazione, dell’altruismo e della generosità. Cioè dello spirito di squadra. Tre parole, un concetto, tanta felicità.

 

Classe 1982, una laurea in "Giornalismo" all'università "La Sapienza" di Roma e un libro-inchiesta, "Atto di Dolore", sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, scritto grazie a più di una copertura, fra le quali quella di appassionato di sport: prima arbitro di calcio a undici, poi allenatore di calcio a cinque e podista amatoriale, infine giornalista. Identità che, insieme a quella di "curioso" di storie italiane avvolte dal mistero, quando è davanti allo specchio lo portano a chiedere al suo interlocutore: ma tu, chi sei?

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