Per la Giornata Internazionale per i Diritti dei Migranti, vi portiamo in Andalusia per raccontarvi la storia di una squadra che ha fatto dell’integrazione un punto di forza, sportiva e umana.
C’è una piccola striscia di mare, lunga meno di 60 miglia, che separa Cadice dal lembo di terra più occidentale del Maghreb, il Marocco, e dal continente africano. Ma il viaggio dei giocatori di questa squadra in maglia verde, il viaggio di tutti i giocatori di questa squadra, è stato molto più lungo.
Lo è stato quello di Hicham Aidami, che è arrivato in Spagna, ad Algeciras, quand’era ancora minorenne, aggrappato sul semiasse di un camion che viaggiava su un traghetto, tra le due ruote, a pochi centimetri dall’asfalto. Oggi ha 23 anni, fa il difensore, e frequenta un corso di specializzazione all’Istituto Padre Luis Coloma di Jerez de la Frontera.
È stato lungo anche il viaggio di Abdul Diouf, che fa l’attaccante, ed è arrivato dal Senegal attraverso il Mediterraneo in gommone. O quello di Yves Florent Fieusse, dal Camerun, arrivato in Europa scavalcando una rete di recinzione, e che adesso viene schierato in difesa, e le reti cerca di evitarle. Lavora in una ditta di macchine pulitrici a Jerez, nel quartiere di Ciudasol.
Hicham, Abdul, Yves, giocano tutti nell’Alma de África, insieme a molti altri come loro. Questa squadra di Jerez della Frontera, uno dei più importanti agglomerati urbani della Bahia di Cadice, gioca nella terza divisione andalusa, e mette in campo quasi per intero immigrati, quasi tutti provenienti dall’Africa. Come Pedro Semedo, dalla Guinea Bissau, o come il capitano Mahu Falle dal Senegal. Il regolamento prevede che l’Alma de África possa tesserare massimo cinque giocatori spagnoli, ma tutti quanti indossano la casacca verde, sul cui petto è stampato il testo dell’articolo 14 della Dichiarazione Internazionale dei Diritti Umani: “Ogni individuo ha diritto di chiedere asilo in caso di persecuzione, e di goderne, in qualsiasi paese”. Lo stemma, che è la silhouette dell’Africa dentro una stella multicolore con l’anno di fondazione, il 2013, campeggia orgogliosamente su quella divisa verde, che è, forse non per coincidenza, il colore del cerchio olimpico che identifica l’Europa. E che, per coincidenza, è ironicamente il colore identificativo di partiti nostrani non esattamente a favore dell’integrazione.
Ma l’Andalusia, da qui, è molto distante. Lì quattro anni fa Quini Rodriguez, dopo aver visto il primo nucleo di questi ragazzi giocare per strada alla periferia di Jerez de la Frontera, decise di fondare l’Alma de África, per realizzare il progetto di una squadra formata interamente da immigrati in una zona ad altro tasso di immigrazione dal continente africano. Era il sogno di sua sorella, Maria del Carmen, che tutti descrivono affezionata e prodiga nei confronti di quella comunità di richiedenti asilo sempre più vasta. Maria del Carmen è morta di cancro proprio nel 2013, ma non è morto il suo sogno: oggi l’Alma de África di Jerez de la Frontera calca i campi dell’Andalusia. Non sempre con successo, ma l’importante è esserci. Spagnolo è anche l’allenatore, Pepe Correa, ma questa squadra la cui campagna acquisti sono le persone che porta il mare si fregia del Premio all’Integrazione per essere l’unico club iscritto a una Federazione composta da immigrati con più di 15 diverse nazionalità: “Todos con todos”, è la mission che identifica il progettoo di Quini Rodriguez.
“Il rapido aumento e l’accesso irregolare dell’immigrazione africana in Spagna hanno portato ad un significativo aumento di persone africane nella nostra zona”, scrive di sé il club, “principalmente giovani africani subsahariani di diverse nazionalità, culture, lingue e religioni, ma tutti loro curiosamente uniti da un significativo legame comune, la passione per il calcio. Questo è un progetto per l’integrazione multiculturale con il calcio come elemento fondamentale, grazie al suo linguaggio universale”.
La stagione lo scorso anno per l’Union Deportiva Alma de África si è chiusa a fine marzo, ma l’ultima gara è stata il 12: i verdi di Jerez hanno battuto il Facinas, secondo in classifica, con un esaltante 6-0, per il commiato da un campionato che li ha visti chiudere in quinta posizione, a 26 punti. Ma, a dispetto di quanto il concetto venga spesso abusato, ci sono casi in cui davvero l’importante è partecipare. Lo è certamente per questo gruppo di ragazzi, di più di 15 nazioni diverse, ritrovatisi in questo posto, per dare forma alla piccola grande rappresentazione di un sogno: l’integrazione.
E il posto è l’Andalusia, ultima porzione affacciata sull’oceano della lunga Almeria. Qui, negli anni 60, Sergio Leone immaginò la rappresentazione in scala del suo sogno, il Far West: quel Far West girato in Almeria sembrò talmente vero e possibile, che tutto il mondo impazzì per i suoi film. E qui, nella parte più occidentale dell’Almeria, anche il sogno dell’integrazione sembra vero e possibile. Possibile per tutti, perché l’importante è partecipare, ma se si può vincere è meglio: sul sito del club, http://almadeafrica.com/, è possibile dare il proprio appoggio al progetto anche solo ascoltando l’inno su Spotify o scaricarlo su iTunes a 99 centesimi, o dare un contributo più incisivo diventando soci del club, e parti di un unico, grande spirito: todos con todos.