Per il terzo articolo della serie dedicata al tifo estero in Italia siamo andati al freddo, nelle più estreme propaggini settentrionali dell’Europa, abbiamo infatti incontrato i cinque ragazzi che gestiscono CIEF, il blog dedicato al calcio islandese e faroese, e lo fanno da tempi non sospetti, cioè da ben prima che l’Islanda raggiungesse i quarti di finale degli Europei francesi.
Chi siete, come vi siete incontrati e come nasce la vostra comune passione per il calcio islandese?
Siamo Francesco, Mattia, Fabio, Cristiano e Giuseppe, cinque ragazzi appassionati di tutto quello che succede nel Nord Atlantico. Sul web ci uniamo in un’unica creatura mitica, CIEF: Calcio Islandese e Faroese.
Francesco ha fondato il blog nel 2013 per riportare le cronache delle nazionali islandesi e faroesi, i risultati di prima e seconda serie islandese e prima serie faroese.
Con il tempo si sono aggiunti nella redazione degli articoli Fabio, Cristiano e Giuseppe grazie ai quali CIEF ha allargato i suoi orizzonti: interviste con i protagonisti, calcio femminile, calcio groenlandese, statistiche, storia islandese e ultimamente anche storia del calcio islandese.
Il lavoro è supervisionato da Mattia: da Grimsey alle Vestmannaeyjar, non c’è pallone che rotoli di cui lui non sia a conoscenza. Potremmo tenere delle docenze a Coverciano su questi argomenti!
La passione è nata mettendo insieme il calcio con l’Islanda, terra unica al mondo per storia, cultura e paesaggi. Il blog di Francesco è stato un fondamentale punto di ritrovo: siamo stati come quei maniaci che fanno amicizia nella sala d’aspetto dello stesso psicologo. Il problema è che, mettendo a contatto le nostre rispettive conoscenze, la patologia è peggiorata sensibilmente.
Siete l’unico blog che segue il calcio del nord atlantico in Italia o dopo il grande Europeo dell’Islanda l’interesse è cresciuto?
Per quanto riguarda l’Islanda e le Fær Øer oggi siamo gli unici in Italia e fra i pochi al mondo. Modestamente, per attendibilità, dati, anteprime e completezza, siamo secondi ai soli siti specializzati islandesi e faroesi, ma ce la giochiamo anche con loro: grazie a Mattia, della prossima tournée dell’Islanda a Parma, ne siamo venuti a conoscenza prima dei siti islandesi stessi.
Per quanto riguarda la Groenlandia, salvo siti che hanno trattato l’argomento occasionalmente, siamo gli unici sul web. Ovviamente non siamo gelosi della nostra passione e se nascono altre realtà su internet con cui condividerla ne siamo ben felici. Il successo che ha avuto l’Islanda ad Euro2016 ha fatto sì che fossimo contattati da numerosi media in qualità di “esperti”. Ci ha fatto piacere e creato anche un po’ di imbarazzo. Nostro malgrado siamo diventati un punto di riferimento sull’argomento: ci capita spesso di essere contattati da persone che vogliono acquistare magliette di squadre islandesi o da calciatori e allenatori che cercano un posto in Islanda, a cui neghiamo cortesemente il nostro aiuto. Ci teniamo a sottolineare che, come per tutte le passioni, da CIEF non guadagniamo nulla se non litigi con i nostri partner o ritardi negli esami universitari.
Ci fate una fotografia dei movimenti calcistici islandese e faroese in questo momento?
Il calcio in questi paesi ha il pregio di essere vissuto con una passione genuina, al di fuori di certi meccanismi di mercato che ormai condizionano anche le nostre serie minori. E’ un calcio rude, molto fisico, con pochi fronzoli. Nei quartieri di Reykjavik così come nei piccoli villaggi del resto dell’isola c’è un forte legame d’identità con la squadra locale, stessa cosa vale per le Fær Øer. In nessuno dei due campionati ci sono squadre professionistiche. La maggior parte dei giocatori va ad allenamento dopo aver finito di lavorare e non esistono ingaggi esorbitanti. L’Islanda è leggermente più avanti rispetto alle Fær Øer e non è raro veder militare in Islanda giocatori di nazionali caraibiche, asiatiche o centroamericane.
Di recente hanno scoperto questi campionati anche giocatori inglesi, spagnoli (e pure qualche italiano) che non riescono a sfondare in patria, ma le cui esperienze in loco sono solitamente brevi. Il limite di questi campionati è di non riuscire a trattenere i giocatori migliori. Basti pensare che tutti i giocatori della nazionale islandese militano in squadre estere e buona parte di essi non ha mai giocato neppure una partita nel campionato di casa, essendo cresciuto nei vivai di squadre straniere.
Una piccola parentesi la merita la Groenlandia, terra estrema dove la partita più grande viene giocata ogni giorno contro la natura circostante. Il calcio sta diventando uno strumento importante per aiutare i giovani locali a combattere contro depressione ed alcolismo, vera piega sociale. Il governo locale sta investendo molto in attrezzature sportive al chiuso poiché il clima consente di giocare all’aperto al massimo per un paio di mesi l’anno, durante i quali si disputa il campionato nazionale. Il livello è molto basso, tuttavia ci sono anche degli ottimi giocatori (il più celebre è stato Jesper Grønkjær) e attendiamo con ansia che FIFA e UEFA riconoscano la Groenlandia, consentendole di partecipare alle competizioni ufficiali.
Avete delle squadre preferite?
Francesco tifa per l’FH, Mattia e Cristiano tifano per l’ÍBV, la squadra delle Vestmannaeyjar. Fabio tifa per l’Höttur data la sua passione per la Costa Est. Giuseppe sostiene il Breiðablik. Questa stagione ha suscitato parecchio il nostro entusiasmo anche il campionato delle Fær Øer dove Víkingur Gøta e KÍ Klaksvík hanno spodestato le squadre della capitale, solitamente le più forti, dal trono dell’arcipelago.
Riuscite a vedere le partite? E seguite anche altri sport praticanti in Islanda?
Ad ogni giornata di campionato rischiamo di prenderci i peggiori virus della rete per cercare i live streaming delle partite. Paradossalmente è stato più facile seguire alcune squadre di seconda serie come il KA Akureyri che ha mandato in onda sulla propria pagina Facebook tutte le sue partite, così come il Giza Hoyvík, il Selfoss che ha fatto altrettanto per le sue partite di coppa. La stessa cosa vale per il Víkingur Gøta che ha mandato in onda tutte le sue partite. La telecronaca appassionata era di un misterioso capo ultras con ben poco di vichingo: ha i tratti asiatici e sembra Mr. Chow di “Una notte da Leoni”. Fantastico!
Per quanto riguarda gli altri sport, seguiamo in primis la pallamano che in Islanda è lo sport nazionale per eccellenza. Sta andando molto forte la nazionale di basket che agli ultimi europei stava mandando fuori giri la nazionale italiana delle stelle NBA. Abbiamo festeggiato per le medaglie europee della ranista Hrafnhildur Lúthersdóttir. Infine, sempre grazie a Mattia, abbiamo seguito con entusiasmo un quadrangolare di freccette fra Islanda, Malta, Lussemburgo e Germania.
Avete avuto occasioni di seguire partite dal vivo? Come sono gli stadi e l’ambiente?
Purtroppo no, questa è la nostra grande carenza a cui dobbiamo rimediare velocemente. Nei nostri soggiorni islandesi siamo riusciti solo a visitare alcuni stadi. C’è il Laugardalsvöllur, dove gioca la nazionale, che è l’unico stadio che possiamo considerare “europeo”. Gli stadi delle principali squadre di Reykjavik e dei villaggi più grandi come Akureyri, Grindavik e Selfoss sono molto simili ai nostri stadi di periferia.
I campi delle squadre dei villaggi più piccoli sono dei prati delimitati con la gente seduta intorno, spesso in contesti mozzafiato. Molti stadi sono in riva al mare e, soprattutto quando tira vento forte, capita che il pallone finisca in mare. Ciò non impedisce agli islandesi di giocare a calcio anche d’inverno, dentro grandi capannoni adibiti a campi a undici.
L’ambiente rispecchia quanto dicevamo nella terza domanda. Il calcio è vissuto con passione, entusiasmo, spesso attaccamento alla propria comunità che partecipa dai più giovani ai più anziani. In campo e fuori non ci sono le pressioni che vediamo in Italia e al campo si tiene lo stesso atteggiamento civile che si vede anche al di fuori e su cui purtroppo in Italia difettiamo alquanto. Questo non impedisce che a volte durante le partite, in campo, si scateni qualche divertente parapiglia dove la grinta vichinga prende il sopravvento.